Elezioni europee, i cittadini rumeni residenti in Italia hanno diritto di voto per i rappresentanti d’Italia nel Parlamento Europeo. Circa la situazione e sulle discriminazioni inerenti l’informazione ci attirano l’attenzione Enrica Rigo e Roberto Faure sul sito del Melting Pot:
“I rumeni hanno diritto di voto alle europee per eleggere i rappresentanti riservati all’Italia, esattamente come tutti i cittadini neocomunitari e come tutti gli altri cittadini della cosiddetta “vecchia Europa” residenti nel paese. In totale, sono quasi un milione di potenziali voti, di cui non sembra che si siano accorti in molti.
Di certo non se ne sono accorti i media che, riproponendo a ogni occasione l’equazione rumeno/stupratore, assecondano e alimentano gli impulsi di risentimento e razzismo della società, già abbondantemente strumentalizzati dalla politica istituzionale. Ma non sembrano essersene accorti neppure i rimasugli della cosiddetta sinistra radicale, in tutte le loro diverse forme di frantumazione e riassemblamento, impegnati nel radicalissimo obbiettivo di contrastare la proposta di sbarramento del 4% alle europee. Il PD, dal canto suo, ha ben comprensibili preoccupazioni (chissà se anche le soglie di sbarramento diverranno a breve causa di inquietudine per i suoi dirigenti), ragione per cui, nell’ansia di emulazione della tradizione democratica statunitense, deve essergli sfuggito che le elezioni USA si giocano anche sulle capillari campagne per far iscrivere i potenziali elettori nelle liste dei votanti.
Sì, perché a differenza dei cittadini a pieno titolo, ai vecchi e nuovi comunitari residenti in Italia non arriva a casa la cartella elettorale, ma (se arriva) si tratta di un semplice avviso che indica il termine ultimo per l’iscrizione all’apposita ‘lista separata’ (90 giorni prima della data delle elezioni europee). Il comune di Roma, per esempio, lo ha inviato solo alcuni giorni fa con l’indicazione che invita al disbrigo delle pratiche burocratiche, via raccomandata o brevi manu, entro il 9 marzo.
A spingerci a simili considerazioni, non è certo la convinzione che il voto – questa “performance anonima della cittadinanza” come l’ha definita lo studioso indiano Partha Chatterjee – possa riempire di chissà quali contenuti il simulacro vuoto della democrazia contabile (sul tema si veda la bella ricostruzione di Francesco Galgano, La forza del numero e la legge della ragione. Storia del principio di maggioranza, il Mulino 2007). Né riusciamo a immaginare orde di militanti del PD che, rivitalizzando il patrimonio dissipato dei circoli territoriali di ormai tre o più partiti post-comunisti, si prodigano in campagne porta a porta per far iscrivere cittadini rumeni o polacchi alle liste elettorali. Tanto meno, riteniamo scontato che i suddetti cittadini voterebbero per liste di sinistra o centrosinistra. Pensiamo però che se qualcuno si fosse accorto di questi voti, per esempio durante l’ultima tornata amministrativa romana, forse le regole di una partita elettorale xenofoba, giocata sulle spoglie dell’omicidio Reggiani, sarebbero state meno odiose. Da fonti dello stesso campidoglio, solo nella Capitale i rumeni residenti e maggiorenni sono infatti circa 50.000 (e ci si potrebbe chiedere se sono più numerosi loro o i tassisti che facevano il carosello per l’elezione di Alemanno).
Ma, soprattutto, rimaniamo convinti che lo spazio europeo – compreso il diritto di elettorato attivo e passivo che assieme a quello di circolazione ne costituiscono i contenuti in termini di diritti – possa essere assunto come spazio di sperimentazione di nuove pratiche della cittadinanza. I movimenti sociali, in particolare le reti migranti attive anche su un livello transnazionale, lo vanno ripetendo da anni, e sembra ancora più indispensabile ribadirlo oggi, nel pieno di una crisi economica di cui i migranti, comunitari e non, stanno pagando un prezzo altissimo.
La prossima data delle europee coincide con una tornata amministrativa che vedrà rinnovare i consigli di numerosi comuni, anche molto popolosi. I termini di iscrizione alle liste separate, nel caso delle amministrative, risultano ridotti fino a 40 giorni prima delle elezioni (c’è tempo fino al prossimo 28 aprile). Chissà se qualcuno questa volta se ne accorgerà.” (fonte: Melting Pot – 9 marzo 2009)