Corso di Mediazione Interculturale

Nel periodo 22 giugno 2007 – 3 aprile 2008 ho svolto il corso di “Tecnico Superiore per la Mediazione Interculturale nell’Ambito Socio-Sanitario”. Alle lezioni hanno partecipato docenti dell’Università “La Sapienza” di Roma, dell’Istituto Tecnico per il Turismo “Colombo” di Roma, medici, avvocati e mediatori interculturali dell’Ospedale “San Gallicano” di Roma nonché mediatori interculturali di varie strutture comunali e provinciali di Roma.

Durante le lezioni è stato chiesto il nostro contributo e partecipazione a vari lavori e ricerche, anche in relazione alla nostra appartenenza culturale.

Un primo lavoro di ricerca è stato sulla definizione della figura professionale del Mediatore Culturale, gli ambiti d’intervento e relative attività e competenze specifiche. E’ stato elaborato anche un codice deontologico per il mediatore interculturale.

Il lavoro, coordinato dalla dott.ssa Angela Soprano è stato presentato all’interno del progetto “Gulliver” davanti a  due gruppi di operatori sociali provenienti da varie regioni d’Italia: Sardegna, Calabria, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Una ricerca sulla Repubblica Islamica dell’Iran, affidato alla dott.ssa. Alessandra Sannella, con lo scopo di conoscere meglio la realtà del paese dal punto di vista storico, religioso, economico e culturale con approfondimenti sul fenomeno migratorio.

Nel periodo 26 – 29 novembre 2007 si è tenuto presso il CNR di Roma un convegno su “Cultura, salute e migrazioni”. Tra le varie tematiche presentate ho trovato interessanti due degli argomenti esposti: “Discriminazione diretta e indiretta nell’accesso ai servizi sanitari nei pazienti stranieri” a cura della dott.ssa Basagli e “Cesarei d’urgenza e discriminazione nelle strutture private” a cura della dott.ssa Katia Caloiero, ostetrica presso U.O. Ostetricia ASP Cosenza.

Sempre nell’ambito della donna immigrata partoriente, durante le lezioni della dott.ssa Susane Diku sono state fatte alcune riflessioni sull’Alimentazione del bambino, le difficoltà che la neo-mamma straniera deve affrontare nella gestione della situazione di diventare madre in un paese straniero.
Durante le lezioni di etnopsichiatria in aula, presentate dal dott. Paolo Cianconi, ho elaborato alcune riflessioni sul simbolo del doppio che si ritrova in ogni persona immigrata e sul significato di interstizio. Riguardo il significato di interstizio ho approfondito un fenomeno specifico della società rumena, quello dei bambini di strada.

Collegato alle lezioni di etnopsichiatria, ho preparato uno studio sulla “Famiglia rumena tra Italia e Romania”. Ho esposto lo studio il 17 maggio 2008 presso l’Istituto A.T. Beck di Roma, durante il Master in Etnopsichiatria e Psicologia Transculturale.

Insieme al prof. Francesco Mattioli, durate le lezioni di sociologia, abbiamo realizzato il test “Relazioni sociali in ambito sociosanitario e assistenziale”, con lo scopo di elaborare domande individuali ovvero un questionario adatto ad essere uno strumento di ricerca sociologica.

Un breve racconto (“La neve a Craiova”) di un ricordo personale – felice o triste – richiesto dalla prof.ssa Asta Darvinite, ha evidenziato il legame forte che ogni uno di noi ha con la natura e i costumi del paese d’origine. Con la relazione “Tabù e divieti relativi al corpo nella società rumena” scritta per le lezioni della docente Adela Gutierrez si è capito quanto siamo diversi e uguali allo stesso tempo, perché i tabù anche se espressi in modi diversi sono sempre gli stessi, indipendentemente dalla appartenenza etno culturale.

Un contributo interessante ci è stato chiesto dal mediatore culturale Njok Ngana  lanciando una “sfida” sul significato e la provenienza di alcune parole usate in lingua italiana in modo offensivo oppure per etichettare gli altri – “Dimmi come parli…”.
Una situazione psicologica complessa si è rivelata quella degli immigrati nei carceri durante le lezioni con la mediatrice culturale Monica Rebegea. Il fallimento del progetto migratorio è difficile da accettare e gestire. Il disagio psicologico si raddoppia quando interviene una condanna e l’immigrato finisce in carcere. L’immigrato condannato sconta la pena due volte: per il reato commesso e per il fallimento del progetto migratorio: concetto conosciuto con il nome di penna culturale aggiuntiva. (“Carcere e immigrati. Mediazione linguistico culturale in carcere”).
 
Cristina I.

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