Dal corso di traduzione del docente di critica della traduzione, teoria della traduzione e storia della traduzione Bruno OSIMO riporto di seguito alcune considerazioni riguardo il multilinguismo, il plurilinguismo e l’autocoscienza linguistica:
” Le prime esperienze di autocoscienza linguistica – consapevolezza della propria conoscenza di una lingua – si fanno quando, a scuola, si incomincia a studiare la grammatica della propria lingua madre (fino allora considerata un dato di fatto, un fenomeno naturale del mondo su cui non era necessario interrogarsi) e si fanno le prime esperienze di apprendimento di una o più lingue straniere.
Il caso di un individuo che nell’infanzia è abituato a parlare una sola lingua ed entra a contatto con altre lingue dall’età scolare in poi è detto «multilinguismo». «Plurilinguismo» è invece il fenomeno che contraddistingue individui che hanno acquisito simultaneamente dalla nascita più lingue.
Il Sé – ossia l’individuo cosciente della propria identità e delle proprie relazioni con l’ambiente – e la personalità sono fortemente influenzati dal linguaggio. Anche se «spesso è più l’Inconscio che l’Io cosciente a dipendere dai vissuti linguistici», esiste una relazione molto stretta e univoca tra Io e linguaggio. Si potrebbe perciò argomentare che, in presenza di plurilinguismo, si abbiano due Io (e quindi una personalità divisa, tendenze schizoidi).
Sono stati effettuati studi per indagare la possibilità di disturbi psichici legati al plurilinguismo, ma i risultati puntano in una direzione ben diversa: «[…] nonostante la presenza di una doppia personalità nel bilingue coordinato (o perfetto), tale duplicità non implica uno sdoppiamento di tipo patologico, ma semmai una ricchezza profonda che non solo permette di assimilare mondi diversi ma anche di possedere un potente meccanismo di difesa». La necessità che hanno spesso gli individui plurilingui (e in certi casi anche i multilingui) di passare da un codice (lingua) all’altro, il cosiddetto code-switching, è addirittura un fattore positivo e fecondo, ed «è indicativo di una fondamentale unità all’interno della struttura e della dinamica della personalità».
Non c’è quindi la pericolosa presenza di più Io, ma una sorta di meta-Io «che controlla e sintetizza i vari comportamenti verbali e comunicativi che corrispondono ai diversi codici linguistici». L’individuo plurilingue ha una struttura psichica più complessa e ricettiva.
Alcuni studi effettuati su bambini plurilingui hanno indicato che il code-switching comporta anche una precoce consapevolezza – ancorché incompleta – della varietà delle lingue. Nel momento in cui la lingua non è più soltanto uno strumento usato spontaneamente ma è anche oggetto di riflessione, quando cioè la lingua viene usata per descrivere la lingua, si parla di «metalinguaggio». Nel caso dei bambini plurilingui si può pertanto parlare di «coscienza metalinguistica». «Il soggetto plurilingue fin dall’infanzia raggiunge un grado di sviluppo metacognitivo e metalinguistico generalmente superiore a quello dei soggetti monolingui».
La differenza fondamentale tra l’apprendimento delle lingue madri nell’infanzia e l’apprendimento scolastico delle lingue straniere (o lo studio più approfondito e razionale della propria lingua) sta proprio nel grado di consapevolezza:
«Durante lo stadio cognitivo colui che apprende la lingua si impegna in un’attività mentale cosciente al fine di trovare significato nella lingua […] I processi interni, che avvengono durante questi stadi, potrebbero spiegare il ruolo di sforzo cosciente nell’apprendimento nei diversi contesti linguistici».
Gli individui multilingui, nel momento in cui imparano una lingua straniera a scuola, vivono un’esperienza metalinguistica: nulla è più spontaneo né automatico, quasi tutto è soggetto a regole esplicitamente spiegate e da apprendere con la ragione. Anche in questo caso la componente affettiva è fondamentale: la relazione con l’insegnante, il modo in cui avviene l’apprendimento determinano in gran parte l’atteggiamento verso questo tipo di studi. I migliori risultati si ottengono in presenza di relazioni importanti con l’insegnante/gli insegnanti (una sorta di transfert didattico) o comunque con le persone dalle quali si apprende la lingua o quando esiste un forte legame (estetico, ideologico, affettivo) con la cultura o i paesi in cui si parla la lingua. Quando una lingua entra a fare parte della propria identità, il code-switching può diventare una modalità, oltre che adattiva, anche espressiva. La commutazione di codice diventa una scelta psicologica che nasce nel profondo dell’Io del parlante.
Appropriarsi una lingua straniera è (…) un’esperienza molto profonda e coinvolgente e, nel contempo, per chi non nasce plurilingue, è un’occasione per prendere coscienza delle proprie conoscenze linguistiche.“
(fonte: Corso di traduzione – Lingua straniera e autocoscienza linguistica)